domenica 2 agosto 2009

LA FOTOGRAFIA DEL PITTORE (2001)

"Carambole di fantasmi io conservo.
Conservo pezzi di temporale."
Ivano Fossati


Andrea guardò giù, sotto la rocca. L’acqua nel canale del porticciolo si fondeva nel mare e le sue fitte increspature si mischiavano alle onde leggere, così come si mescolano i bei ricordi a quelli brutti formando il passato.
Fra i turisti che si avvicinarono una giovane donna si fermò a guardare giù dal muretto, accarezzandosi i lunghi capelli castani. Quel gesto semplice e così femminile (o i riflessi del sole fra i suoi capelli) accesero in lui una profonda nostalgia di sguardi complici, di sorrisi luminosi in occhi stel-lati, di carezze lontane nel tempo.
Lei si avvicinò, gli rivolse un sorriso e, porgendogli la macchina fotografica (aveva visto quella che lui portava al collo), domandò:
- Mi scatterebbe una foto? -
Andrea disse di si e attese che lei si mettesse nel punto dove voleva il panorama come sfondo; infatti chiese se si vedeva il mare; lui annuì e scattò la foto.
- Se non le dispiace ne scatto una a mio piacere. - chiese Andrea, mentre indicava alla ragazza il punto dove mettersi.
La giovane non ebbe esitazioni e si lasciò guidare; volse lo sguardo verso un punto lontano e la foto era pronta, così come lui l’aveva immaginata. Il sole fra i capelli, il volto illuminato dal flash per annullare il controluce, lo sguardo perso. Un bel ritratto.
Andrea sorrise ed esitò appena; poi scattò la foto, le restituì la macchina e salutò.
La strada per l’entroterra era poco trafficata e Andrea guidò tranquillo, senza curarsi delle indicazioni: non aveva una meta precisa ma era certo di riconoscere quello che cercava non appena lo avesse visto.
Attraversava un paesaggio straordinario nella sua semplicità. La campagna e le colline si fondevano nei colori del grano e dei papaveri, interrotte solo dalla strada e da qualche fila di cipressi.
Si fermò ad un bivio e lo vide: su una collina poco lontana una rocca coronava un borgo di pietra, con grandi alberi ad ombreggiarne le mura. Scattò alcune foto alla campagna intorno e a quel borgo sottomesso al castello.
Giunto in paese non vi trovò movimento; nessun turista a interrompere i toni regolari dei muri di pietra; anche i negozi, ancora chiusi nel primo pomeriggio, non avevano i colori sgargianti dei ninnoli, delle cartoline o dei calendari della Toscana: cose uguali a quelle esposte a San Gimignano, a Volterra o a Pienza. Curiosando per il borgo ne vide alcuni dietro una vetrina: "eccoli lì" si disse e gli scappò un sorriso.
In un angolo della piazzetta c’era solo un uomo seduto davanti a un cavalletto; un largo cappello di paglia sdrucito, una camicia macchiata dai colori e i vecchi sandali ai piedi gli davano l’aspetto bohemienne di un pittore da cartolina. L’ultimo tocco di gusto retrò era la tavolozza che usava.
Andrea passando osservò il lavoro sulla tela: un quadro della piazza, con le panchine e una figura femminile dai capelli di grano accanto alla più vicina. Gli piacque la tecnica usata dal pittore: il quadro appariva lievemente sfumato nelle sue parti, tranne l’immagine della donna che, invece, era nitida e luminosa. Gli ricordò certe tele dei Macchiaioli, vivide e assolate.
Andrea iniziò ad inquadrare scorci della piazza con la macchina fotografica, valutandone altri. Si voltò verso il pittore (sembrava un quadro anche lui) e vide la possibilità di prendere altre immagini. Tolse il rullino dalla macchina e ne caricò uno in bianco e nero; poi, girando attorno all’uomo, lo inquadrò e scattò più volte. Infine vide la foto che cercava e si fermò; impostò la macchina con cura e inquadrò il pittore da vicino, con il suo quadro e l’angolo della piazza con la panchina vuota (nel quadro quella accanto alla donna bionda).
C’era tutto in quella fotografia, Andrea lo sapeva anche se non avrebbe trovato le parole per spiegarlo; ma lo sentiva, lo toccava, lo accarezzava con lo sguardo, attraverso l’obiettivo.
Il pittore si girò a guardarlo, gli occhi chiari un po’ spersi ma brillanti sotto la tesa del panama e con dentro una domanda.
- Le do fastidio? - chiese invece Andrea, arretrando di un passo.
- Ma no… Le piace? - domandò il pittore con la sua voce profonda.
- Si. C’è qualcosa… quella presenza che non c’è nella realtà e che rompe lo schema del dipinto. Un ricordo, vero? -
L’uomo si tolse il cappello e chinò appena la testa.
- Complimenti, lei ha occhio e sensibilità. – disse accennando alla macchina fotografica e senza porgergli la mano - Mi chiamo Gabriele: solo un povero diavolo, non l’arcangelo. - si presentò.
- Andrea. - rispose lui ritirando la sua - Se mi dà l’indirizzo le mando le foto: qualcuna decente ci sarà, mi auguro. Sono in bianco e nero, però. Non a tutti piacciono. –
Gabriele annuì, le avrebbe gradite e porse un biglietto da visita sporco di giallo.
Tornò con gli occhi al quadro: "Lei è Margherita…" disse con aria adorante e con un lieve cenno del capo verso la figura bionda.
Si sentiva che per lui l’assenza della donna era tanto opprimente quanto sublime ne era il ricordo ed era sopraffatto da entrambe le emozioni.
Andrea fu tentato di chiedere, di indagare, ma lo sentì ingiusto. "Affascinante davvero." mormorò soltanto.
Gabriele indicò la panchina vuota con il dito sporco di colore.
- Era lì che mi aspettava e quando arrivai nella piazza mi sorrise: era il paradiso in terra. Aveva un profumo così buono che sentii prima ancora di esserle vicino. –
Sembrò raccontarlo a sé stesso per rivivere quel momento più che per farne partecipe Andrea che capì invece quanto amore, quanta pazzia tramutata in arte ci fosse in quel ricordo: "Le lacrime non sviluppano i negativi ma certamente impastano i colori dei pittori…" pensò ancor più affascinato dal pittore e dal suo quadro dove, intanto, aveva ripreso a dare dei tocchi lievi con un pennello, attenuando i toni, i bagliori e le ombre: seguiva una luce tutta sua, forse quella dell’incontro con la giovane sorridente.
Andrea non se la sentì di interromperlo e decise di salire verso la rocca, seguendo le indicazioni.
Una brezza fresca scendeva nel vicolo verso la piazza: Andrea godette di quel vento leggero e scattò altre foto agli angoli delle viuzze, alle porte chiuse delle case o alle mura della rocca sempre più incombenti. Giuntovi a ridosso trovò un largo cortile davanti all’ingresso, racchiuso da un parapetto di pietra; su un’inferriata l’orario di apertura: era ancora presto e non cercò nemmeno il custode.
Dal parapetto guardò il borgo sotto di lui: la piazza non si vedeva; solo il tetto della chiesa e il campanile davano un’indicazione di dove si trovasse poco prima. Fuori del paese invece scorci di uliveti e di campagna, mentre più lontano il mare perdeva il suo blu.
Spostandosi lungo il muretto Andrea notò una ragazza appoggiata al parapetto della stradina che portava all’altro lato della rocca: guardava verso il brillio del mare all’orizzonte, con i capelli biondi mossi appena dal vento leggero.
Andrea la fotografò d’istinto: il suo aspetto semplice eppure altero, la posa distratta e la luce piena del pomeriggio a illuminarla erano un insieme troppo attraente. Lei si voltò subito verso di lui, richiamata dallo scatto della macchina. Sembrava sorpresa, come interrotta in un suo pensiero o in un sogno ad occhi aperti.
Andrea si mosse verso di lei per chiederle di posare ancora, ma lei arretrò di un passo e fece un cenno lieve, come per intimargli di fermarsi. Poi si allontanò svelta lungo il sentiero per fermarsi poco dopo e dedicargli un sorriso timido quanto luminoso: infine si voltò di nuovo e sparì dietro l’angolo delle mura, fra le ombre dei platani.
Lui, a sua volta sorpreso, mortificato, era pronto a scusarsi e a spiegarle perché, ma lei era scomparsa. Si precipitò fino al sentiero ma quando vi giunse lei non si vedeva più: guardò in ogni di
rezione ma di lei nessuna traccia. Scontento, deluso, tornò alla piazza del borgo.
Non vi trovò più il pittore, solo qualche turista arrivato dalla strada più in basso; allora si sedette su una panchina all’ombra a ripensare al fatto, finché una voce di donna non lo richiamò al pre
sente.
- Ora che l’ho ritrovata devo proprio ringraziarla. - diceva. Alzò lo sguardo e incontrò quello della giovane fotografata al mare - Mi sono fidata ed ho avuto ragione. C’era un negozio che sviluppava subito le foto ed ero curiosa di vedere la sua. - gliela porse - Grazie! E’ bellissima. Lei è davvero bravo. -
Andrea sorrise e rispose che in realtà era il soggetto a rendere bella la fotografia.
Lei ringraziò di nuovo e porse la mano sorridendo: "Francesca" si presentò e lui fece altrettanto.
- E’ qui per un servizio o per la storia di questo bel paesino? – gli chiese.
- No, sono solo un turista… - alzò le spalle - …e qui ci sono per caso. Non so nulla del paese, nem
meno come si chiama per la verità: non ho guardato i cartelli. -
Francesca lo fissò con i suoi occhi ambrati e pieni di curiosità; sul viso aveva un’aria incredula.
- Che ho detto? – domandò accorgendosi dell’espressione di lei.
- Credevo fosse qui per la storia dello spettro della bella Margherita e degli artisti ai quali appare. - rise poi all’espressione di lui - Sembra abbia visto davvero un fantasma! - sorrise ancora - Beh, in fondo lei dovrebbe avere il senso artistico e la sensibilità poetica necessarie affinché Margherita si mostri. Non capita a tutti; . Lo sa che i fantasmi non sanno di esserlo e per questo si mostrano? Cercano di dirci qualcosa ma non ci riescono. - sembrò consolarlo - Se vuole le presto il mio libro: c’è tutta la storia. Ma… davvero ha visto la bella Margherita? -
Andrea cercò di spiegarle, anche per capire lui stesso, e le parlò del pittore incontrato poco prima nella stessa piazza e di quanto ancora fosse innamorato della giovane chiamata Margherita e di quanto bella apparisse nel suo dipinto. Tacque, ancora incerto, sulla ragazza vista alla rocca e sul suo sorriso dolcissimo, simile quello della donna nel quadro.
- L’idea del quadro però non è originale. – disse Francesca – Il pittore Gabriele Parodi aveva già dipinto Margherita qui in piazza. - sfogliò il libro – Ecco, questo è il dipinto: bello, no? – disse mostrando una pagina del libro ad Andrea, che impallidì.
Il ritratto era quello che aveva fotografato e visto dipingere.
Prese dal taschino della camicia il biglietto da visita e lesse, mentre si rivolgeva a Francesca.
- Questo… Gabriele Parodi… che ne direbbe di visitare la sua bottega d’arte? Magari se è disposto ci racconterà la sua storia… -
Francesca alzò le sopracciglia.
- Parodi è morto da almeno trent’anni, sarà difficile che ci racconti qualcosa oltre quello che c’è nelle sue opere: ecco qua, è morto nel 1971. – confermò mostrandogli un’altra pagina del libro con le date sotto la fotografia in bianco e nero del pittore: l’uomo con il panama al quale Andrea aveva promesso di inviare le sue.
Lui sospirò forte, rabbrividì sotto il sole e le mostrò il biglietto da visita; poi la fissò negli occhi.
- Mi faccia compagnia: lei è una turista solitaria come lo sono io e potrebbe venire con me a cena: io le potrei raccontare una strana storia e lei a me quella di Margherita. Intanto le spiego una cosa: mi piace sviluppare in casa le mie foto in bianco e nero. Se gradirà la cena e la storia, forse accetterà di assistere domani allo sviluppo di queste. – toccò la sua macchina – Sa? Sono molto, veramente molto curioso di vedere cosa viene fuori… - disse guardando verso una panchina vuota poco distante.
Francesca avvertì la nota diversa nella voce di lui e, soprattutto, vide il suo sguardo pieno dei dubbi e delle domande che gli giravano nella mente.
Lei, comunque, sorrise e accettò.
 
(questo racconto è stato inserito nel sito dell'Agenzia Letteraria NABU di Firenze come "Racconto del Mese di Aprile 2013")
 

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